giovedì 13 dicembre 2012

All'incontrario va

Il giorno in cui mi hanno detto che la mia avventura in radio sarebbe finita a fine anno (cioè tra 18 giorni) - e si parla di settimana scorsa - due altri avvenimenti hanno contribuito ad alimentare il desiderio di suicidio.
Il primo, più grave, è che proprio quel martedì iniziava una suplenza a due-passi-due da casa, di Italiano, in una scuola media. Un inferno scampato per quelle giovani menti (forse salve le gomme della mia auto), una boccatina d'ossigeno per me, alla luce dei fatti.
Il secondo è la richiesta di un confezionamento di un approfondimento con la notizia del momento: la perdita di posti di lavoro, le percentuali, il precariato. Insomma: io che vado in onda parlando di me. Provando, ancora una volta, quella sensazione di lontananza da un problema che mi trafigge così dolosamente da parte di chi mi sta intorno. Riassumendo: perdo il lavoro, ne perdo un secondo, lo dico ma non interessa, se non a livello statistico. Neanche un troppo interessante caso sociologico.
E invece no. Perchè se ormai la sindrome da sliding doors è di nuovo passata, se sono di nuovo meno arrabbiata, se sono ancora pronta a ricominciare da capo, se ho il sostegno di chi mi vuole bene, se non è colpa mia ma ho fatto tutto al meglio, se il pensiero positivo prevarrà ancora una volta è comunque una gran fatica che di opportunità non porta nemmeno il sapore artificiale.
Certo. Potrebbe piovere (Frankestein junior docet). Come no. Ma quello che mi fa impazzire è la sensazione da scampato pericolo che sento "negli altri". Fiùùùù. Mors tua. Terra ferma sotto i miei piedi, yes!! Ecco che cosa combatto ferocemente: l'indifferenza. Ecco perchè scelsi questo lavoro, come ho scritto cento volte: per poter testimoniare, far conoscere, far riflettere, anche solo un momento, oltre la cortina del menefreghismo.
Ecco perchè, in chiusura di questo post, racconto brevemente un'altra storia da vita di serie B. Brevemente perchè non conosco i particolari, ma spero che presto qualche collega possa approfondirla.
Mentre il Codacons annuncia una class action contro Trenord per i disagi subiti dai pendolari negli ultimi giorni la situazione è già precipitata. Pietro scrive sulla pagina Facebook del Comitato Pendolari della Linea S6 Milano Novara di essere stato licenziato. L'azienda non tollerava più i ritardi. Lasciato a casa con una certa facilità, il contratto a progetto lo permette. Non è valso a nulla alzarsi prima per prendere il treno precedente, come i pendolari testimoniano ogni santissimo giorno: i convogli sono in ritardo, si fermano nel nulla, hanno poche carrozze, la gente fatica a salirvi, i malori sono quotidiani. I ritardi sono matematici, puntuali, come questo licenziamento, difficile da digerire con un "ci scusiamo per il disagio". Pietro non sa che fare, ora è solo arrabbiato. Del Natale non se ne fa nulla, come del pensiero positivo, almeno per il momento. ll suo datore di lavoro gli ha detto che doveva alzarsi ancora prima, neanche abitasse in Svizzera. Mi sembra di sentire il preside del mio Liceo, quando ad una richiesta di permesso motivata proprio dalla difficoltà di prendere il treno mi disse di farmi comprare il motorino.
Potrebbe piovere, ma intanto fa un gran freddo.

2 commenti:

Fabio ha detto...

La cosa peggiore in questi casi sono gli sguardi delle persone accanto, una sorta di misto tra compassione e "stiamocene alla larga prima che possa succedere anche a me", è come quando dopo una lunga storia d'amore che s'interrompe arriva il fenomeno di turno che, nel tentativo di consolarti se ne esce con "eravate una bella coppia".
Grazie al cazzo, mica ci sarei stato insieme altrimenti.

Chi ti scrive convive in una sorta di precariato lavorativo da 8 anni, da quando ho voluto fare il gran passo di mettermi in proprio a soli 20 anni, e ripensandoci è stato come un gran lavoro a termine, senza sapere quand'era il termine.

In questi casi fioccano i "tieni duro" "una brava come te di sicuro qualcosa lo trova" etc etc, quindi evito di ripetertelo, anzi personalmente credo che ogni tanto sia giusto prendersi un pò male, incazzarsi e maledire il mondo perchè i cuoricini, le casette rosa e i supereroi esistono giusto nelle storielle mentre nella vita reale c'è da combattere ogni giorno.
Detto questo (scusa mi sono un pò dilungato!), al netto di attimi di panico con la parola "frutti", sei grande :)
Mi raccomando, eh!
Buon week end.
Fabio

Lavoro a 90 ha detto...

Grazie Fabio!!!!!!!!!!!!
Solo...grazie, perchè è proprio così!